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Progetto “Mappa emotiva”: dalla presenza, all’assenza sino all’invisibile ... con un passaggio per lo sconosciuto

Abitare. Trasformare. Riprodurre.

Partiamo dal presupposto che il paesaggio sia un volto. Il paesaggio, com’è noto, è il frutto dell’azione dell’uomo e degli eventi sul territorio, ed è, quindi, per questi motivi (o dovrebbe esserlo) unico e irripetibile, caratterizzato da una storia e particolari unici. Le esigenze dell’uomo, il suo lavoro, la volontà di sopravvivenza, le singole storie, unite alla Storia, agli eventi naturali hanno dato un volto peculiare ad ogni territorio abitato: forze visibili, ma anche invisibili, come le tradizioni, le voci, il suono, o l’odore, il sapore, ecc., hanno contribuito a caratterizzare il paesaggio che ci circonda, donandogli un carattere riconoscibile. Il paesaggio, quindi, è piena rappresentazione del nostro spazio vitale concreto, del territorio costruito e plasmato in quanto nostra dimora: è sempre natura, percepita o rappresentata attraverso un insieme di idee, simboli e valori e norme, la cui origine va rintracciata nel soggetto storico[1], che possono divenire immagine, simbolo. Il paesaggio è (anche) ciò che conserviamo nella memoria dopo aver smesso di guardare, come afferma Gilles de Clement. Questo viene letto attraverso un potente filtro fatto di vissuto personale e di armatura culturale. In teoria, dice Clément, per ogni luogo, vi sono tanti paesaggi quanti sono gli individui che lo interpretano, anche se nessuno saprà mai quale emozione intima animi ciascun individuo del medesimo gruppo. È questo il volto irrimediabilmente nascosto del paesaggio.  La nozione di Paesaggio che, di per sé, appare già ambivalente, chiama, quindi, in causa una dimensione oggettiva, costituita da cose, elementi e fenomeni presenti nello spazio geografico e una soggettiva, intesa come percezione individuale derivata dalla frequentazione di un luogo: il nostro paesaggio, come singoli, è quello osservato, vissuto, quello che percepiamo e che viene ricostruito nella nostra mente, differente dal reale, perché carico di significati e simboli diversi dalle altre persone che si muovono all’interno dello stesso spazio. Il paesaggio non è, in questo caso, qualcosa di puramente materiale, ma è frutto del mondo delle sensazioni: è quella porzione di territorio che per ragioni complesse, culturali, assiologiche, simboliche, mitologiche, e grazie alla presenza dell’uomo, inizia a essere pensata (Raffestin 2005). È dunque conseguenza di uno sguardo, che prima di essere collettivo o sociale è individuale, mutevole nel corso del tempo poiché dipende da diversi codici utilizzati: il territorio diventa paesaggio nel momento stesso in cui ci si sofferma a guardarlo (o a fotografarlo!), riportando così entro paradigmi culturali, conoscenze, rappresentazioni (Ciampi, in De Poli, Incerti 2013, p. 65)[2].

Costruire una mappa...

Esistono due paesaggi, per ciascuno di noi: quello reale, frutto della storia sul territorio, quindi, e il nostro interiore. Il paesaggio si carica così di un carattere sfaccettato e variegato che lo rende, sia un soggetto con attributi propri, che un elemento capace di suscitare delle emozioni nelle persone che lo osservano e che, secondo la propria cultura, la propria idea di spazio e di natura, attribuiscono ai paesaggi valori diversi: estetici, ma anche affettivi, economici, storici e simbolici[3]. «L’essere umano è un essere protesico, che assorbe quotidianamente nuovi elementi materiali tanto quanto immateriali per nutrire la propria esperienza di vita»[4], afferma Guido Incerti. Un’azione, quella dell’esperienza, che costantemente provoca trasformazioni sia nello strato psicologico e della conoscenza umana, sia a livello corporale con una fisicità che – in molte esperienze umane – ha avuto bisogno di iscrivere elementi del corpo nel paesaggio tanto quanto di iscrivere il paesaggio nel corpo, come osservato da Durkeim, circa il tatuaggio e le forme elementari di religione[5]. Ognuno, in base alle proprie esigenze e alla propria sensibilità, costruisce già in sé una MAPPA EMOTIVA, in continua variazione e trasformazione, come lo stesso paesaggio reale. Una mappa, in fondo, è solo un altro modo in cui l’uomo “adatta” il mondo circostante. Incoraggiare la realizzazione di una “mappa”, aiuta le comunità a individuare le cose familiari a cui dare importanza intorno a sé, dando espressione attiva agli affetti per i posti di ogni giorno, quelli comuni, spesso non considerati[6]. Come le lettere e i diari, le mappe raccontano le storie umane, riflettono i punti di vista di coloro che le hanno realizzate e di quanti le utilizzano, si rivelano per quello che hanno escluso o per quello che hanno incluso, prendono per mano ognuno di noi indicando la strada giusta o quella sbagliata. Una comunità, se giustamente stimolata, riesce a esprimere se stessa in maniera efficace attraverso una “mappa”, e, soprattutto, lo fa in divenire, lasciandola aperta alle modifiche, alle aggiunte, proprio come un diario, appunto! La comunità, specie i giovani, che partecipa alla realizzazione di una mappa emotiva viene a conoscenza, di nessi prima ignorati o visti distrattamente in un paesaggio quotidiano con proprie peculiarità, in trasformazione, non immobile, avendo la rivelazione di essere parte passiva ed attiva di un ambiente che ognuno può osservare ma anche modificare. Capire porta ad amare. Una migliore conoscenza del paesaggio locale (nei suoi differenti aspetti) contribuisce ad accrescere il legame personale con esso, l’identità locale e il senso di appartenenza. Si rafforza così un atteggiamento positivo nei riguardi del luogo di vita, così come si sviluppa un più alto senso di responsabilità e una maggiore consapevolezza dell’importanza di salvaguardare i valori locali e di prendere sempre in considerazione le possibili conseguenze delle azioni dell’uomo sull’ambiente. Bambini e ragazzi giungono quindi a sentire che questo è il “loro” paesaggio e che devono prendersene cura[7].

La mappa viva. Prima esperienza

Mappa_emotiva_di_Monsano_Foto_di_Matteo_Catani_27Da quattro anni affrontiamo, con la nostra associazione MonsanoCult, il tema delle mappe di comunità, o mappe emotive. Obiettivo generale del percorso è quello di avviare i ragazzi della ad una maggiore comprensione del paesaggio che li circonda; portandoli, da una visione ingenua, che somma ogni elemento senza metterlo in relazione, a una visione più complessa, in cui esso risulta come una rete multiforme di elementi naturali ed antropici in trasformazione su cui ogni persona proietta, in modo differente, la propria emozionalità. La volontà era di far scoprire ai più giovani quei nessi prima visti distrattamente in un paesaggio quotidiano che ha invece proprie peculiarità. La scoperta di queste relazioni, umane, naturali ed emozionali è stata condotta attraverso gli occhi dei ragazzi, cercando di stimolarli affinché la comprensione fosse naturale e genuina: imporre l’amore per il proprio paesaggio, attraverso nozionismo o concetti astratti, avrebbe fatto perdere di vista lo scopo principale che è una penetrazione autentica, personale ed emotiva di quanto li circonda. Il percorso era fatto da cinque incontri, descritti in dettaglio nel Quaderno 9[8], ognuno prevedeva un’introduzione che fosse d’impulso ai ragazzi ad intervenire e confrontarsi tra di loro. Il nostro compito era accendere l’interesse e il dibattito. Le conclusioni non erano mai definitive, ma in continua trasformazione ed evoluzione, alla stregua del paesaggio che stavano ri – scoprendo. A casa, dovevano mettere su carta quanto avevano iniziato a scuola, arricchendo, in alcuni casi, le parole con i disegni. I ragazzi hanno compreso che ciò che credevano di conoscere, presentava in realtà molti aspetti ancora poco noti. Abbiamo invitati gli alunni a far tesoro delle loro competenze precedenti e a farle convergere con l’insieme delle consapevolezze acquisite, al fine di costruire una conoscenza condivisa del paesaggio locale (la Mappa). Si rafforza così un atteggiamento positivo nei riguardi del luogo di vita, sviluppando un più alto senso di responsabilità e la consapevolezza dell’importanza di salvaguardare i valori locali e valutare sempre le conseguenze delle azioni dell’uomo sull’ambiente. I giovani hanno capito che questo è il “loro” paesaggio e che devono prendersene cura[9]. Il primo risultato visibile sono state le mattonelle con gli elementi rappresentati a sbalzo, rappresentazione della loro visione personale ed emozionale di Monsano. Una prima fase della mappa, che avrebbe dovuto arricchirsi anno per anno con altri elementi del paese, visti dagli occhi dei giovanissimi, o con altre interpretazioni o prospettive.

La mappa assente. Seconda esperienza.

Al secondo anno di laboratorio, abbiamo esteso la nostra collaborazione ad altre classi, aggiungendo alle seconde della scuola secondaria di primo grado “Pino Puglisi” di Monsano (AN), altre tre della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo “Gioacchino Rossini” di San Marcello (AN). Dopo i canonici cinque incontri, in accordo con il professore di artistica, che si occupava della parte creativa e della realizzazione della “mappa”, abbiamo deciso di dare una sterzata al progetto. Quell’anno, non avremmo realizzato una continuazione della precedente, aggiungendo elementi, ma, colpiti dalle risposte sostanzialmente contradditorie e simili, osservate anche il precedente anno, circa le mancanze della loro fetta di paesaggio che “non dovrebbe mai cambiare, perché perfetto così, però...”, avremmo realizzato una “mappa delle assenze”. La loro visione del paesaggio, legato ai loro ricordi di un’infanzia ancora freschissima, era quella di un luogo sicuro, di ritrovo, punto di riferimento e hortus conclusus, di crescita, a cui, però, manca qualcosa di indefinito. Quel “però”, di straordinaria forza, nella sua apparente semplicità, evidenziava un desiderio, quello di avere voce in capitolo sulla trasformazione del proprio paesaggio. Una voce ingenua di piccoli cittadini in crescita, in linea con uno degli scopi base del nostro cammino. Così, come la prima mappa dava forma alle loro visioni, alla loro interpretazione del paesaggio, la seconda mappa avrebbe dato voce ai loro desideri, ai loro suggerimenti per migliorare e salvaguardare quel volto creato da migliaia di uomini prima di loro e che loro stessi avrebbero modificato. La forma stessa della mappa sarebbe stata diversa, non più figurativa, ma concettuale: ogni elemento sarebbe stato espresso con la parola che lo definiva o con un’analogia, un riferimento, un colore stesso che lo richiamasse in qualche modo. Non più mattonelle ma dipinti, murales che hanno decorato l’interno delle rispettive scuole.

La mappa astratta. Terza esperienza.

2015-10-14_09.08.23La concezione stessa della mappa emotiva presuppone, per sua natura, un suo allargamento nel tempo, grazie alle aggiunte di infiniti elementi da parte di nuovi attori. Posta come base la creatività, il confronto assoluto e libero con gli allievi, lo scambio di prospettive con i docenti, gli spunti personali, le nuove esperienze e gli aggiornamenti (tra cui la stessa Summer School “Emilio Sereni”), sono riuscito ad allargare i confini del progetto, tanto che ritengo sia possibile, partendo dallo stesso scopo di conoscenza, cittadinanza, difesa del paesaggio e dei suoi simboli e storie, da cui nasce il percorso, poter realizzare numerose varianti della stessa mappa emotiva. La stessa casualità degli eventi, imprevedibile, porta a considerare forme alternative, magari per necessità pratiche, come la mancanza di spazio, o, nel nostro caso ad atti di vandalismo. Le mattonelle della prima mappa, infatti, sono state tristemente oggetto di attenzione da parte di sconosciuti teppisti che nei mesi scorsi hanno praticamente abbattuto l’intera composizione. Se da un lato, tutto ciò era previsto, anzi, faceva quasi parte del piano di tutela da parte dei ragazzi e degli stessi genitori, la stupida brutalità imprevista ci ha costretti, d’accordo con la dirigente scolastica, a spostare le opere finali all’interno della scuola, al doppio scopo di proteggerle e di decorare l’interno dell’istituto, rendendo comunque gli studenti protagonisti di un’opera di abbellimento di un loro territorio. Eccoci, quindi, alla terza variante della mappa, realizzata insieme alle le quinte classi della scuola primaria “G. B. Pergolesi” di Monsano (AN). Dopo aver affrontato le presenze (2013), gli elementi reali del proprio paesaggio, le assenze (2014), i propri desideri, ciò che manca, non c’è più, ci dovrebbe essere, ecc, il progetto Mappa Emotiva 2015 si è confrontato con l’Invisibile, ossia tutto quello che c’è dietro il paesaggio ed i singoli elementi che i ragazzi avevano scelto. La storia, le storie, i profumi e gli odori, le note e i canti, le lacrime e le risate, gli eventi piccoli e grandi, nascosti dietro le cose, o che, magari, hanno contribuito a renderle tali. Le esigenze dell’uomo, il suo lavoro, la volontà di sopravvivenza, le singole storie, unite alla Storia, agli eventi naturali hanno dato un volto peculiare ad ogni territorio abitato: forze visibili, ma anche invisibili, come le tradizioni, le voci, il suono, o l’odore, il sapore, ecc, hanno contribuito a caratterizzare il paesaggio che ci circonda, donandogli un carattere riconoscibile. Al principale laboratorio, è seguita, in quest’occasione, una ricerca diretta presso i testimoni (nonni, anziani, parenti, genitori, ecc) del PERCHÉ di questo o quell’elemento che i ragazzi avevano scelto, i motivi della sua forma, della disposizione, la sua storia, le storie legate, i sapori, ecc ecc. Come esempio, ho portato il gelso, o “Moro”, legatissimo alla nostra storia locale, pianta dietro all quale ci sono i racconti delle filande, del baco da seta, delle bigattiere, dei canti, delle tradizioni nate dietro questa attività, ecc. Il risultato (ad oggi, i lavori sono ancora in corso) sarà un enorme murales che decorerà il corridoio principale della scuola, una sorta di Libro Visivo della storia invisibile di Monsano.

La non mappa o la Cartolina al contrario. Quarta esperienza.

La realizzazione di una mappa, dicevamo, cerca di incoraggiare le comunità a individuare le cose familiari a cui dare importanza intorno a sé, dando espressione attiva agli affetti per i posti di ogni giorno, quelli comuni, spesso non considerati[10]. L’esperimento, interessante, da me condotto ad Arte Fluviale 2015, a cui sono stato invitato dall’artista Antonella de Nisco, è stato invece quello di far creare, dal nulla, una mappa di un paesaggio non familiare, magari simile al proprio, oppure totalmente diverso: immergersi in uno spazio estraneo e, fatti uscire i propri PERI-SCOPI (dal tema della rassegna di quest’anno), osservare con gli occhi della propria esperienza e personalità degli spazi sconosciuti o poco frequentati, per creare una mappa emotiva dello s/conosciuto. Un’esperienza condivisa tra chi è del luogo e non ha mai isolato gli elementi, legandoli ad emozioni e/o ricordi, e chi, provenendo da fuori, ha collegato quegli stessi elementi, per loro nuovi, a ricordi ed emozioni personali. Gli “osservatori” dovevano utilizzare le proprie conoscenze precedenti per trovare in elementi familiari o totalmente sconosciuti delle relazioni col proprio vissuto, con i propri ricordi, con le emozioni: un modo coscientemente soggettivo, guidato, di scoprire un mondo nuovo. Armati di block notes, colori, pennelli, matite, ma anche di materiale riciclato, alluminio, carta fotografica, nastro colorato, pagine di riviste, ecc ecc, piccoli gruppi di persone, autoctoni e no, sono partiti alla scoperta di un modo diverso e cosciente di osservare quanto ci circonda, riempiendolo però dei loro significati: un albero, il fiume, osservati distrattamente fino ad allora, o totalmente inediti alla nostra vista, possono riportare alla nostra mente ricordi, emozioni, relazioni totalmente soggettive ad AUTOMATICHE, che hanno creato una MAPPA EMOTIVA unica e potente. Un’opera d’arte comunitaria, in cui altri osservatori, in un continuo rimando, troveranno altri simboli; la casualità di emozioni, di esperienze uniche che convergono in una MAPPA, che sarà simile alla foto di un turista, una cartolina al contrario, invitata dal viaggiatore agli abitanti del luogo visitato. Aver appeso gli elementi della mappa a un filo sospeso tra due alberi, oltre al senso di forte provocazione estetica, ha dato quel tocco in più di provvisorietà, di effimero e insieme di opera in costruzione, in divenire, nonché, simbolicamente di un legame, una rete tra l’osservato, il paesaggio e il Po, forte sullo sfondo, e la sua rappresentazione. Non posso che essere pienamente soddisfatto della riuscita dell’esperimento, che, per sua stesa natura rimane incompiuto, aperto ad altre aggiunte, mimetiche o verbali; nello stesso spazio fisico o in uno diverso; successive temporalmente anche a distanza di mesi e di anni. La provocazione è lanciata, la mappa può morire o rinascere altrove. Ora, probabilmente, non rimangono che ricordi e foto, e questo testo; ma potenti, almeno in chi scrive, come sculture di marmo.

Non finale.

Quattro esperienze in altrettanti anni, fanno ben sperare sulle possibilità future di questo tipo di laboratori che, voglio precisare ancora una volta, tende a privilegiare la creatività e l’osservazione degli allievi senza forzature o imposizioni dall’alto di nessun tipo. Quello che viene fornito dall’operatore, in questo caso io, sono delle linee guida a cui seguono le riflessioni degli alunni, le loro elaborazioni di quanto hanno osservato unite alle loro conoscenze scolastiche e non. Non esiste un risultato giusto o sbagliato, parlando di emotività legata all’osservazione del proprio paesaggio, non possiamo quantificare il tipo di relazione personale che ciascuno ha stabilito con lo spazio che occupa vivendo e muovendosi; qualcuno ha avuto la fortuna di crescere immerso nelle campagne e nella loro vitalità, stando a contatto con i nonni o gli anziani che ancora praticano, anche parzialmente, il mestiere di contadino; altri crescono in ambienti sterili, influenzati da genitori che si vergognano del loro passato legato ai campi e cercano di dimenticarlo. Il nostro non è un esperimento, non è uno studio, ma uno STIMOLO. A cogliere le diversità in quello che anche una brevissima esperienza di vita ha appiattito; ad amare quella enorme cassa i risonanza emotiva che è il paesaggio; a comprendere che c’è una enorme differenza tra quanto è realmente naturale e quanto invece plasmato dall’uomo, differenza che i testi scolastici non approfondiscono a sufficienza; a proteggere il proprio futuro osservando quanto di brutto si confonde in mezzo al bello. Ci hanno accusato di fare politica: è vero! Perché insegniamo ai ragazzi ad essere piccoli protagonisti di una vita che passerà entro pochi anni in mano loro e, quindi, ad essere pronti a prendere le giuste decisioni, evitando le distrazioni e le distruzioni di chi ha deformato quel bel volto che è il paesaggio che li saluta dalla loro finestra.

Bibliografia

 Opere Citate

  • Benedetta Castiglioni, Educare al paesaggio, Traduzione italiana del report del Consiglio d’Europa “Education on Landscape for children”, Museo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna, 2010
  • Maurizio Maggi e Donatella Murtas, Ecomusei. Il progetto, IRES, Torino 2004, in Strumentires n. 9
  • Mauro Rocchegiani, Mappa emotiva di Monsano, in Quaderni 9, Paesaggi agrari del Novecento Continuità e fratture Lezioni e pratiche della Summer School Emilio Sereni, a cura di Gabriella Bonini, Antonio Brusa, Rossano Pazzagli
  • Atlante dei paesaggi riciclati, a cura di Michela de Poli e Marina Incerti, ed. Skira 

Opere consultate

  • Elena Musci, Il laboratorio con le fonti e le narrazioni iconografiche, in P. Bernarducci e Francesco Monducci (a cura di), Guida alla didattica del laboratorio storico , Utet Università, Novara 2012
  • Emilio Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Ed. Laterza, Bari – Roma 1961
  • Carlo Tosco, Il paesaggio storico, Ed. Laterza, Bari – Roma 2011

 

Relazione del dott. mauro Rocchegiani per il QUADERNO 10 dell'Istituto Biblioteca-Archivio Emilio Sereni di Gattatico (RE)  

Mauro Rocchegiani

Giornalista Pubblicista, si occupa di comunicazione e redazione testi. Direttore Artistico dell’Associazione MonsanoCult, è organizzatore ed ideatore di eventi culturali e sociali. Collabora con le scuole secondarie curando laboratori. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 



[1] Cfr. Ripensare il paesaggio come incontro tra percezione soggettiva e costrutto socio-culturale, di Marina Ciampi e Paolo Chiozzi, pagg. 63 e segg., in Atlante dei paesaggi riciclati, a cura di Michela de Poli e Marina Incerti

[2] Cfr. Ripensare il paesaggio come incontro tra percezione soggettiva e costrutto socio-culturale, di Marina Ciampi e Paolo Chiozzi, pagg. 63 e segg., in Atlante dei paesaggi riciclati, a cura di Michela de Poli e Marina Incerti

[3] Cfr. Cfr. Maurizio Maggi e Donatella Murtas, Ecomusei. Il progetto, IRES,  Torino 2004,  in Strumentires n. 9, pp. 21-22

[4] Cfr. Paesaggio riciclato come paesaggio protesico, di Guido Incerti, pagg. 219 e segg., in Atlante dei paesaggi riciclati, a cura di Michela de Poli e Marina Incerti

[5] Ibidem

[6] Cfr. Ecomusei. Il progetto, pagg. 17 e segg.

[7] Cfr. Educare al paesaggio, di Benedetta Castiglioni, pag. 55 

[8] Cfr. Mauro Rocchegiani, Mappa emotiva di Monsano, in Quaderni 9, Paesaggi agrari del Novecento Continuità e fratture Lezioni e pratiche della Summer School Emilio Sereni, a cura di Gabriella Bonini, Antonio Brusa, Rossano Pazzagli, pagg. 293 e segg.

[9] Cfr. BENEDETTA CASTIGLIONI, Educare al paesaggio, Traduzione italiana del report del Consiglio d’Europa “Education on Landscape for children”, Museo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna, 2010, p. 55 

[10] Cfr. Ecomusei. Il progetto, cit., pagg. 17 e segg.